Mag
4
By potatore
Commenti disabilitati su Sciopero, sciopero ed ancora sciopero….
Categories: Istruzione
Tags: docenti, la buona scuola, prof, protesta, sciopero, scuola
Mag
4
Apr
27
Mag
19
I ragazzi della 2°A, scuola secondaria di primo grado di Brusaporto, Istituto comprensivo di Bagnatica, hanno condiviso un’esperienza educativa molto affascinante.Il progetto “Chi semina… raccoglie!!!”che già dal nome fa presagire l’entusiasmo dei partecipanti: “Grazie a questa esperienza abbiamo potuto imparare nuove cose riguardo all’agricoltura” è stato il primo commento dei giovani agricoltori ed ancora “Ognuno di noi, ha capito cose diverse e queste sono le nostre considerazioni“
Notevole è stata la soddisfazione della prof.ssa responsabile del progetto per la riuscita didattica importante per la formazione dei ragazzi ed ancor di più per la collaborazione che ha trovato sia nel comune di Brusaporto, che ha fornito il materiale occorrente, sia negli insegnanti dell’Istituto Tecnico agrario di Bergamo che si sono occupati dell’aspetto agronomico e sia nei genitori che hanno fornito ” le braccia” per i lavori più pesanti.
Nov
14
-mail firmata
La scuola pubblica anno dopo anno viene letteralmente smantellata. Se negli anni passati si poteva riscontrare una certa continuità nell’azione di governo con l’ultima annunciata riforma e in parte operativa si è rimasti del tutto spiazzati: Si aspettava una riforma del biennio superiore e invece si è avuta in primis quella delle elementari. La scuola primaria era, speriamo che dopo i cambiamenti continua ad essere, il fiore all’occhiello della istruzione in Italia e invece è stata rivista? risistemata? tre I (inglese, informatica,impresa)?No, niente di tutto questo e di antica memoria Morattiana: è stato tagliato il personale per rimettere su cassa. Sul resto. rettifica su rettifica si riesce a capire poco di quale materie vanno in pensione e quali restano; sui tempi, poi, è un autentico terno al lotto. Nel frattempo nella scuola, anche se con molta fatica, si lavora, si ci aggiorna, gli insegnanti si dotato( a loro spese di computer (registri elettronici,programmi, verbali) perché diventa impossibile lavorare ed esaudire le richieste dell’utenza senza questi strumenti. Nessuno ti costringe ma il lavoro di programmazione va scritto al computer se non sei provvisto puoi lavorare a scuola con quelli sgangherati passati d’uffico e alla fine uno sforzo (tanto serve anche ai tuoi figli) lo compri. Il personale docente si informatizza a zero spese per lo Stato. Altre considerazioni: passerella di alunni tra istituti diversi?Era possibile già trentanni or sono. Alternanza Scuola-lavoro: la maggior parte degli Istituti ha già avviato da tempo progetti.Mi fermo qua negli esempi ma va detto: la scuola va avanti e lo Stato mette i bastoni tra le ruote. Cosa c’è da fare? Poche cose: quelle del buon padre di famiglia:
turnover per i dirigenti scolastici max 5 anni sulla stessa sede. Gli stessi devono andare in pensione una volta maturati gli anni di servizio senza possibilità di prolungamento.
Ridurre del 50%le funzioni strumentali oggi per lo più oggetto di nepotismo-e allo stesso tempo i vari progetti che si risolvono in uno sperpero inutile di risorse.
Impedire i trasferimenti del personale docente prima dei dieci anni se non per comprovate necessità.
Obbligo minime conoscenze informatiche quali navigazioni in internt,gestione posta elettronica e a tal proposito possibilità di detrarre dall’irpef le spese di acquisto di pc, libri, e cosa molto strana in un paese di musicanti le spese relative all’acquisto di strumenti musicali da studio.
Infine che tutte le scuole si attrezzino per ricevere via email documenti di iscrizione, e allo stesso tempo di spedire direttamente a casa tramite email risultati scolastici e notizie sia sull’andamento didattico sia di natura amministrativa….
Il personale in futuro, prima di essere assunto, deve dimostrare buone se non ottime conoscenze informatiche in aggiunta a quelle richieste per la disciplina di insegnamento.. Dimenticavo: rivedere gli stipendi degli insegnanti che sono equivalenti a quello di un lavoratore generico 0 anni di servizio e con titolo di studio licenza elementare
Set
29
di Anna Bosc
Set
14
Postato da Daniel Bernini
Sì alla polenta, no al couscous. A Cremona un assessore ha deciso di rivoluzionare il menu di tutte le scuole comunali e tra i primi cibi a sparire dalle mense ci sarà il couscous. La scelta è stata motivata dal fatto che i bambini hanno il diritto di mangiare cibi freschi locali. Si vuole favorire tutti i prodotti “a chilometri zero” e servire i prodotti delle campagne circostanti, dalle verdure al pollo, dalla carne alle uova, dalla frutta ai formaggi. Ovviamente farà sparire anche molti prodotti equosolidali, proprio perché arrivano dall’Africa o dal Sud America. Il risultato? E’ stato bollato come razzista, come uno che vuole discriminare i bambini stranieri all’interno della scuola. Ma non si era detto che proprio scegliendo alimenti locali o italiani si potevano evitare migliaia di camion, inquinamento e, perché no, anche rischi di mangiare prodotti ultra-trattati? Allora sono stati interpellati alcuni nutrizionisti affinché potessero dire la loro: essi hanno fatto notare che pasta, riso, patate o couscous non hanno sostanziali differenze nutritive e quindi la scelta è possibile. Che fare?
Set
12
postato da Daniel Bernini
Qualcuno di recente ha lanciato la proposta di poter approfondire in classe il dialetto locale e di non affidare l’insegnamento al prof. che non lo conosca. E si è scatenato il putiferio. Da un lato le posizioni leghiste, per le quali è doveroso che sia proprio la scuola a dare spazio alla cultura locale, con la riscoperta delle tradizioni, delle lingue, degli usi e costumi di una data regione. Non solo: se arriva un prof. da fuori, egli deve dimostrare di conoscere la realtà in cui va a lavorare anche imparandone la lingua. Dall’altra tutti coloro che invece vogliono la scuola trasversale a tutto il Paese, col medesimo insegnamento dal Trentino alla Sicilia. Ognuna delle due posizioni ha i suoi torti e le sue ragioni. Se è vero che non vi è nulla di male nell’insegnamento generale, gettando ogni tanto l’occhio sulla realtà locale, è vero anche che non ha senso inserire in una scuola dei docenti solo in base alla loro conoscenza del luogo. Molto meglio scegliere in base alla preparazione culturale, alla capacità di trasmettere le nozioni, alla sensibilità e all’apertura mentale grazie ai quali possano diventare un riferimento positivo per i ragazzi. Perciò ben venga l’approfondimento e lo studio del luogo dove si vive ma soprattutto ben vengano insegnanti preparati, indipendentemente da dove arrivano.
Set
3
di fe.pa
Con il termine scuola si fa riferimento all’insieme di istituzioni che forniscono l’istruzione e la formazione ai bambini e ai ragazzi. Le università, che sono tecnicamente anch’esse scuole, sia pure di alto livello, vengono escluse dal termine scuola nell’uso normale.
La scuola oggi è il “lavoro” di bambini e ragazzi, ma la parola scuola in origine significava riposo (ozio, tempo beato lontano da ogni fatica e preoccupazione).
Essa deriva infatti dal greco scholè, che significa appunto “riposo”; e questo perché in antico gli uomini, i soli che si dedicassero agli studi essendone le donne escluse, finché avevano muscoli sani erano dediti alle cure delle armi o dei campi. Perciò quei pochi momenti liberi che potevano dedicare all’esercizio della mente erano considerati un riposo piacevole, uno svago ristoratore. La prima testimonianza della presenza di scuole risale al IV millennio a.c. nell’antico Egitto. In quest’epoca iniziano infatti a formarsi le scuole degli scribi, riservate alla élite che avrebbe dovuto amministrare lo stato. Fin dal IV millennio a.c. i Sumeri avevano scuole per gli scribi, simili a quelle egizie, tanto che sono stati rinvenuti nel corso degli scavi archeologici in Iraq sillabari e testi scolastici.
Ago
21
An.Bo.
“Mamma ho mal di pancia e non mi va di andare a scuola”. E’ il solito ritornello del bambino che non vuole andare a scuola, di solito si pensa sia per colpa delle interrogazioni, ma in realtà è una vera e propria “fobia scolare”.
Un fenomeno in aumento, secondo gli esperti intervenuti al forum dal titolo “Educare i bambini e’ ancora di moda?”, organizzato a Roma dall’Agenzia di stampa Dire. All’incontro, moderato dalla giornalista Daniela Daniele (La Stampa), hanno partecipato la psicoterapeuta dell’eta’ evolutiva Magda Di Renzo, la dirigente scolastica Tiziana Sallusti, la responsabile della comunicazione dell’Associazione genitori (Age), Miela Fagiolo D’Attilia, e il vicedirettore della Dire, Nico Perrone.
La fobia della scuola riguarda soprattutto bambini piccoli e ragazzi delle scuole elementari e medie. Non è la paura del brutto voto perchè riguarda anche ragazzi con un buon rendimento, si tratta invece di una fobia, dover lasciare la famiglia per andare in un luogo dove si è continuamente messi alla prova, dove ci sono difficoltà e dove bisogna confrontarsi con gli altri.
Una conferma arriva da Tiziana Sallusti, dirigente scolastica: “Ci sono bambini che piangono in modo inconsolabile perchè non vogliono venire a scuola. Ma non hanno certo paura delle interrogazioni”. Più in generale, si registra un grave mancanza di educazione.
La colpa va suddivisa in parte a bambini sempre più tecnologici e quindi soli, con le settimane cadenzate e pieni di impegni, dall’altro adulti spesso “nevrotici”, incalzati da ritmi frenetici che non si fermano mai e non hanno mai il tempo di ascoltare e aiutare i propri figli.
Una realtà che i piccoli denunciano con comportamenti di protesta e di ribellione fino alle forme più estreme: dal bullismo ai disturbi disciplinari e della condotta.
Da anni gli adulti hanno immagazzinato l’idea che il bambino deve essere pronto a diventare adulto in pochissimo tempo, e deve quindi acquisire conoscenze e saper fare tutto in un breve periodo, in una specie di corsa ad ostacoli. Quindi, una sorta di bambino tecnologico, spiega Di Renzo.
Da questa problematica è sorta un gran confusione. E’ giusto educare il bambino a quelle che sono le richieste della società, ma non basta. Educarlo significa anche aiutarlo a costruirsi una sfera intima, prepararlo alle relazioni affettive con il mondo. Spesso però viene tralasciato quel bisogno del bambino di sentire accanto il genitore che fa da punto di riferimento. È come se stesse sempre di più venendo a mancare il ruolo di mediatore dell’adulto.
Lug
21
di fe.pa
Si può essere amici a scuola? Ma noi cosa intendiamo per amicizia?
Per amicizia si intende un sentimento di reciproco affetto tra due o più persone, ma anche tra persone e animali.
Un legame di amicizia si basa sul rispetto, sulla stima e sulla disponibilità , dove ognuno riesce a sentirsi libero di essere se stesso senza pensare di essere giudicato.
Un’amicizia può nascere per una passione comune, per puro caso o perché qualcuno ti dà una mano quando gli altri ti abbandonano.
A volte non é un’amicizia sincera, perché nasce solo per chiedere aiuto e risolvere i propri problemi di socializzazione o per interesse.
La scuola è un luogo che unisce e che potrebbe favorire legami di amicizia, ma è un po’ difficile riuscire ad essere amici di tutti i compagni di classe, perché siamo molto diversi gli uni dagli altri e soprattutto perché è difficile frequentarci al di fuori della scuola in quanto abitiamo in paesi molto distanti tra loro. Un’amicizia a scuola ci può essere, non tutto è destinato a concludersi con il suono della campanella!
Per me fare amicizia alle elementari è stato facile perché i miei compagni erano gli stessi che ho incontrato alla scuola materna e che conoscevo dall’età di tre anni. Alle medie non è stato così semplice, perché c’erano molti ragazzi che si credevano meglio degli altri, molti di loro si conoscevano già dalle elementari, mentre io venivo da un’altra scuola e non mi sentivo accettato, ma mi sentivo sempre preso in giro.
Finalmente in terza media mi sono legato molto al mio compagno D. P. Ci sentiamo spesso e, a volte, ci troviamo a casa sua o mia per giocare e chiacchierare. Purtroppo non ci incontriamo spesso perche non abitiamo vicino e poi abbiamo scelto scuole diverse e lontane tra loro: io vado a Bergamo e lui a Zogno. Al momento di scegliere la scuola superiore eravamo tutti e due preoccupati perché non sapevamo se saremmo riusciti a trovare nuovi amici. Per quanto riguarda le superiori ritengo di avere trovato dei veri amici. All’inizio mi sentivo solo e preferivo restare sempre in disparte, finché non ho trovato il coraggio di parlare un po’ con i miei compagni e allora ho capito che potevo contare su di loro, che avevano anche loro le mie stesse paure i miei dubbi, che avevamo degli interessi in comune con me e che potevamo aiutarci in caso di bisogno.
Mag
29
Quando acquisto qualcosa nella mia scuola non ricevo lo scontrino fiscale, ovvero la ricevuta di pagamento.Per il consumatore lo scontrino fiscale non è obbligatorio, non rischia alcuna multa se non ce l’ha con sé e non è tenuto ad esibirlo. Lo scontrino fiscale è andato in pensione dopo 20 anni con l’entrata in vigore del decreto legge numero 269 del 2 ottobre 2003. I commercianti e gli artigiani (titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo) sono tenuti a rilasciare lo scontrino, anche se il cliente non ne fa esplicita richiesta.
È importantissimo ricordare che lo scontrino resta come prova d’acquisto e garanzia sulle merci comprate, quindi si consiglia di richiederlo sempre quando si acquistano beni di valore o soggetti a garanzia( o anche un semplice panino).
Lo scontrino fiscale è valido come garanzia d’acquisto su tutti i beni di consumo, vale 24 mesi a partire dalla data di rilascio, aumenta di due mesi se il difetto si manifesta negli ultimi giorni di validità della garanzia legale.
Quindi ricordatevi di richiedere sempre lo scontrino fiscale e fatevi più furbi di coloro che non vogliono rilasciarvi lo scontrino fiscale!!!
di And Arc
Mag
10
Postato da “cavallo pazzo”
Sollecitato dall’articolo “bulli e bulloni” mi appresto a scrivere quanto segue.
Dall’esperienza a vari titoli fino a questo momento raggiunta, o meglio, dall’osservazione costante di quello che mi vedo intorno noto che il problema dei bulli come molti altri problemi di cui la scuola soffre sono pressocchè irrisolvibili, e dico questo senza nessun pessimismo congenito.
Ho notato che gli organi preposti a risolverli con estrema cura fanno di tutto per evitarli, ridurli nasconderli con naturalezza, anzi con grande “savoir faire”. Vengo con un esempio pratico e molto reale noto a tutti. Immaginiamo di avere un bullo in una classe dopo varie note, trascrizioni e richiami di varia natura cosa di fatto è successo? Nulla: il ragazzo si vanterà scolasticamente di aver raggiunto 40-50 e oltre note e di essere primo nella classe per numero di “attenzioni”anche se il suo primato è in bilico perchè i soliti emulatori cercano nella stessa classe di raggiungerlo. Nel frattempo quanti lavorano con serietà e si comportano correttamente vedono con dispiacere come in classe esistono due pesi e due o forse tre misure: il bullo arriva in ritardo, non prende appunti, risponde sempre in modo irrispettosoo in definitiva fa quello che vuole e il docente di turno chiude due o tre occhi e alla fine della lezione esclama in cuor suo “per oggi è andata”. Al fesso alunno dal normale comportamento niente è permesso: deve prendere appunti, studiare, comportarsi bene ecc.ecc. Nel frattempo il bullo affina la sua “bravura” mette un paio di occhiali all’ultimo grido ed appariscenti ( frutto dell’ultima prestito) fa i suoi proseliti, fa provare le sue sigarette speciali, consiglia i suoi adepti sul comportamento da tenere con questo o quel insegnante ( a secondo del permissivismo o potere nella classe di questo. In definitiva in bullo si alimenta, si ingrassa si esalta. Il consiglio di classe decide, propone in conclusione dopo varie discussioni decide di non decidere perchè le sue decisioni saranno contestate dal garante di turno che con motivazioni varie tipo: ma son ragazzi, ma sono ragazzate, ma chi non si è fatto una canna, anche io avevo sette in condotta, ma la famiglia non riesce a tenerlo a casa, ma noi abbiamo il compito di recuperali. Alla fine risulterà insomma che la colpa e del pirla ( affettuosamente) di docente che non è stato in grado di gestirlo… il come è tutto un programma. Giorno dopo giorno nell’aria si espande soave, aleggia una brezza nuova: l’arte del quieto vivere. Niente problemi, niente rogne, evitiamo gli eccessivi allarmismi, attenti a segnalare anomalie, problemi e quantaltro può fare finire una scuola sul giornale o in tv. Qua vogliono andarci solo le veline e tutti quelli che aspirano ad un successo facile . Figuriamoci se la scuola intitolata al famoso pedagogo“ Felice la Quiete” va a finire sul giornale per un episodio di droga o di bullismo. Le statistiche dicono che sono i minorenni sotto i quindici anni a utilizzare varie forme di droga più o meno leggere ma quante scuole hanno permesso ai cani della Guardia di Finanza di quantomeno farsi vedere come deterrente. Quante denunce dei Dirigenti scolastici per fatti di droga o bullismo? Gli alunni non hanno visto, i docenti devono star zitti, i dirigenti non hanno avuto nessuna notizia o sentore, i provveditore parla di provincia indenne o oasi felice, il Ministero sta provvedendo: l’esaltazione del quieto vivere!!
Apr
21
Così come ci è stato spedito l’abbiamo pubblicato: errori compresi. Dallo stesso autore di “come vivere bene la mia casa” e “l’uomo di casa esce per il carnevale” l’atteso articolo.Sicuramente lascia spazio alla riflessione. A voi i commenti
Per pasqua ho regalato dei fiori a mia madre
A pasqua ho regalato un mazzetto di fiori a mia mamma.
Per farmi perdonare i brutti voti che porto a casa da scuola.
Appena glie li ho consegnati lei mi ha detto “Mi sono persa qualche cosa?…è il mio compleanno?”. Le ho risposto” A dire la verità te li ho regalati per farmi perdonare i voti che stò portando portando a casa”
Mi ha guardato stupita, mi ha ringraziato per il pensiero, ma poi mi ha risposto “Grazie ma non basta… è troppo tardi; avrei preferito di gran lunga dei bei voti!”
Appoggiò i fiori e se ne andò fuori in giardino .
Sono salito in camera mia sapendo che i fiori non bastavano, mi sono seduto sul letto e ho pensato:” Mi devo svegliare prima!… Ignorante io!!”.
Mar
28
Il bullismo a scuola è un problema di attualità. Ma, per capirne le ragioni è meglio far luce sulla figura del bullo: partiamo dal fatto che un bullo grande non è un bullone, piuttosto il bullone c’è l’ha al posto della materia grigia. Se qualcuno pensa che scerzare sull’argomento sia scorretto io rispondo questo: i bulli si sono tanto divertiti a spese dei più deboli ed è giusto che ora le vittime siano loro e che i deboli si divertano a spese dei bulli.
Partiamo con l’identikit del bullo:
Primo – il bullo agisce sempre in gruppo, perchè è un coniglio e da solo ha paura.
Secondo – il bullo ha sempre la playstation a casa. Avete mai visto un bullo senza playstation o altra consolle?
Terzo – il bullo fa affidamento su alleati che si trovano al di fuori della banda: i compagni di classe, ad esempio, che quando succede qualcosa ne sanno sempre meno dei muri, molto meno.
Quarto – il colore delle mutande del bullo è noto sempre a tutti. Avete visto un bullo senza pantaloni larghi, bassi fino alle ginocchia e per evitare che gli cadano è costretto a camminare con le gambe larghe?
Quinto – il bullo non conosce il diagramma “ch” ma usa benissimo la “k”.
Sesto – le tasche del bullo sono più capienti della borsa di Mary Poppins. Infatti da queste escono sempre coltelli, accendini, e centinaia di petardi.
Settimo – il bullo non conosce le parole “per favore”o “permesso”, ma conosce una barca anzi un transatlantico di parole che per motivi di decenza non riporto ed è meglio così.