Guardare e non toccare o magari guardare e acquistare il dilemma si pone sicuramente nei confronti di una delle specie vegetali più ricercate al mondo: le orchidee. Infatti, le oltre cento specie che crescono spontanee in Italia allo stato selvatico sono protette al fine di evitare il “saccheggio” dei numerosi appassionati. Mentre non esiste limite all’acquisto delle specie coltivate se non quello del portafoglio a fronte sicuramente di un prodotto che soddisfi i gusti più fini di amanti delle piante. Narra la leggenda che Orchide, un bellissimo giovinetto accortosi che il suo corpo non assomigliava né agli uomini ne quantomeno alle donne disperato del suo ermafroditismi si lanciò da una rupe, sfracellandosi. Sul prato dal suo sangue spuntarono dei bellissimi fiori ognuno diverso dall’altro ma allo stesso tempo simili che presero il nome di orchidee cioè fiori di Orchidee. In pratica, poi, le specie di orchidee constano di oltre 17.000 specie conosciute che si sono adattate ai diversi climi. E origine totalmente diversa hanno le tre specie più importanti ai fini della coltivazione commerciale: la Cypripendium originaria dell’estremo oriente, la Cymbidium, dall’India e dalla Cina e la Cattleya originaria dell’America tropicale. Le prime due specie sono adatte alla coltivazione sotto serra e in piena terra mentre l’ultima provenienti da climi più calde come alcune Bromeliacee è una pianta epifite e quindi vive su tronchi e rami. Ciò è possibile in quanto a livello botanico presenta alcune particolarità come delle radici aeree che sono in grado di catturare l’umidità presente nell’aria. Il fusto spesso è un rizoma e da esso si formano degli ingrossamenti chiamati pseudo-bulbi che danno origine alle foglie sessili e senza peduncolo. La particolarità dei fiori si articola sulla forma che assumono i 6 petali presenti su ciascun fiore: tre di questi formano il calice mentre uno forma il caratteristico labello che gli antichi Greci chiamavano sandalo del mondo per la caratteristica somiglianza alla punta di tale calzatura. Nelle coltivazioni in serra o per quanti allevano in piante di questa specie occorre inizialmente stabilire la provenienza geografica necessaria a creare le condizioni ottimali di temperatura che possono oscillare dai 8-18 gradi per le specie da climi freddi fino ai 30 per quelli provenienti da regioni equatoriali. Per le specie epifite il substrato deve essere organico, molto poroso e di lenta decomposizione con pH compreso fra 5,5 e 6,5. Le radici di Osmunda e il Polypodium in parti uguali sarebbero il substrato ideali ma per delle difficoltà di reperimento di queste due felci in alternativa si utilizza scorza di sequoia grossolana e sughero (40% circa di entrambe) e per completamento il 20% di torba o sfagno buoni risultati si possono ottenere anche con l’impiego di scorza di pino grossolana e torba.